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I partiti di governo sconfiggono la Lega alle elezioni in Emilia-Romagna

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 29 gennaio 2020

Alle elezioni regionali dell’Emilia-Romagna di Domenica 27 gennaio, con il 43, 6 per cento, la candidata di estrema destra della Lega, Lucia Borgonzoni, è stata chiaramente sconfitta dall’ex presidente regionale Stefano Bonaccini dei Democratici (PD), che è arrivato al 51, 4 per cento.

Il capo della Lega Matteo Salvini si è personalmente impegnato in modo massiccio nella campagna elettorale, dichiarando che il voto era critico per l’Italia. Una vittoria elettorale nella regione intorno a Bologna, governata per 75 anni dal Partito Comunista e dai suoi successori, doveva essere il preludio per rovesciare il governo a Roma e per forzare nuove elezioni. “Prima li mandiamo a casa domenica, poi cacciamo via il governo”, aveva promesso Salvini. Il lunedì successivo, avrebbe “chiesto elezioni anticipate”.

Per il momento è fallito, ma l’ascesa degli estremisti di destra non è stata fermata, contrariamente a quanto sostengono molti commenti dei media. La durata del traballante governo di Roma sarà forse prolungata di qualche settimana o mese, ma le politiche dei due partiti di governo - il Movimento Cinque Stelle (M5S) e i Democratici (PD) - sono la ragione principale dell’ascesa dell’estrema destra e continueranno a rafforzarla.

Quando Salvini ha assunto la guida della Lega Nord nel 2013, esso era un partito regionale separatista che si era screditato in diversi governi come partner minore del magnate dei media Silvio Berlusconi, ed era riuscito a vincere solo il 4 per cento alle elezioni parlamentari. I governi tecnocratici e del centro-sinistra, che da allora governano con il sostegno dei Democratici, hanno provocato un disastro sociale senza precedenti, tagliando le pensioni, abbassando i salari e portando la disoccupazione a livelli record in Europa.

Salvini ha saputo trarre il massimo da tutto questo. Ha trasformato la Lega in un partito nazionale per appellarsi alla rabbia e alla frustrazione degli elettori con demagogia sciovinista e xenofoba.

La sua svolta è arrivata finalmente con l’aiuto del Movimento Cinque Stelle del comico Beppe Grillo, che è diventato il partito più forte nelle elezioni parlamentari del 2018 con il 33 per cento. Il M5S, che si era guadagnato il sostegno con i suoi feroci attacchi all’establishment politico, ha formato una coalizione con tutti i partiti più di destra dell’establishment e ha fatto di Salvini il ministro degli Interni. Anche se la Lega ha solo la metà dei membri del parlamento delle Cinque Stelle, Salvini si è presto dimostrato un uomo coercitivo al governo. Mentre i voti della Lega sono raddoppiati, quelli dell’M5S si sono dimezzati.

L’estate scorsa Salvini ha lasciato il governo nella speranza che le nuove elezioni facessero della Lega il partito di punta. Ma la sua manovra fallì perché le Cinque Stelle, temendo nuove elezioni, si unirono ai Democratici, che avevano precedentemente descritto come i loro peggiori avversari.

Da allora, Salvini ha beneficiato delle politiche antilavoratori del governo Cinque Stelle/Democratici. Delle 10 elezioni regionali tenutesi dal marzo 2018, la Lega e i suoi alleati di destra ne hanno vinte nove. In Calabria, dove nel fine settimana si sono svolte anche le elezioni, il candidato di destra sostenuto dalla Lega Jole Santelli ha sconfitto il precedente presidente regionale del PD con il 55 per cento contro il 30 dell’avversario.

Nei sondaggi nazionali, la Lega è in testa con il 33 per cento, davanti ai Democratici con 18 punti e alle Cinque Stelle con il 15 per cento. Al quarto posto, con oltre il 10 per cento, c’è un altro partito di estrema destra, i Fratelli d’Italia, che professa apertamente il suo sostegno al fascismo.

I Democratici devono il loro successo elettorale in Emilia-Romagna soprattutto al movimento delle Sardine, che ha mobilitato decine di migliaia di persone per protestare contro Salvini con appelli ai sentimenti e alle tradizioni antifasciste. Di conseguenza, l’affluenza alle urne è passata dal 38 per cento nel 2014 al 68 perc cento nel fine settimana, a beneficio del candidato di centro-sinistra. Il leader del PD Nicola Zingaretti ha ringraziato espressamente le Sardine per il loro contributo alla vittoria elettorale.

Il partner della coalizione del PD a Roma, il M5S, ha però subito una sconfitta. Mentre due anni fa avevano ricevuto poco meno del 33 per cento dei voti alle elezioni parlamentari, sono scesi sotto il 5 per cento alle elezioni per il Parlamento regionale dell’Emilia-Romagna. Anche in Calabria hanno ricevuto solo il 6 per cento.

Il partito è in crisi. Luigi di Maio, attualmente ancora ministro degli Esteri, si è dimesso dalla presidenza dei Cinque Stelle quattro giorni prima delle elezioni. Beppe Grillo, che ancora tira i fili dietro le quinte, ha annunciato un congresso che deciderà l’ulteriore corso dei Cinque Stelle a marzo, dopo le elezioni regionali nelle Marche, in Campania e in Puglia. Massimo a quel punto, l’attuale governo potrebbe trovarsi alla fine, in circostanze molto vantaggiose per Salvini.

In un comunicato pubblicato su Facebook dopo le elezioni, le Sardine hanno festeggiato il risultato elettorale in Emilia-Romagna come un grande successo. “Oggi sappiamo che possiamo essere non solo‘ contro’, ma anche‘ migliori’ - scrivono - e possiamo farlo con mezzi diversi rispetto ai propagandisti professionisti: liberi, umani, creativi ed empatici”.

“Oggi siamo consapevoli che, se lo vogliamo, oltre che ’contro’ possiamo essere ’meglio’ – scrivono - e lo possiamo essere con mezzi sconosciuti a chi fa propaganda di mestiere: gratuità, relazioni umane, creatività ed empatia. L’esperienza dell’Emilia-Romagna dimostra che le sardine servivano come l’ossigeno.”

Infatti, le Sardine non sono altro che una foglia di fico per le politiche antiproletarie dei Democratici, che stanno spianando la strada alla destra e ai fascisti. L’indignazione per l’atteggiamento fascista di Salvini, che ha portato molti alle manifestazioni delle Sardine, è indubbiamente genuina. Ma le Sardine stanno guidando questa indignazione verso un vicolo cieco politico.

Si rifiutano esplicitamente di fare appello alla rabbia e al malcontento della classe lavoratrice, che sta entrando in feroci lotte di classe in tutto il mondo. Nei loro annunci non c’è una parola sulla disuguaglianza sociale, sul militarismo e sull’aumento del potere repressivo dello Stato. Piuttosto, chiedono una forma più civile di politica basata sulle istituzioni statali piuttosto che sulle buffonate dei social media; per “una politica con meno urla”, come ha detto un dimostrante.

Tali appelli alla placidità, all’umanità e alla ragione non possono fermare l’avanzata dell’ultra-destra, che si sta verificando non solo in Italia ma in tutto il mondo. La classe dirigente ricorre ancora una volta ai mezzi della dittatura, del fascismo e della guerra, perché altrimenti non può reprimere le enormi tensioni sociali e i conflitti internazionali della società capitalista. Solo un movimento della classe lavoratrice internazionale che combini la lotta contro il fascismo e la guerra con un programma socialista per rovesciare il capitalismo può fermare questo pericoloso sviluppo.