Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 3 dicembre 2016
Il Comitato Internazionale della Quarta Internazionale (CIQI) chiede un “no” nel referendum di domani circa le modifiche costituzionali proposte dal premier Matteo Renzi. Il referendum darebbe al primo ministro potere praticamente incontrollato di imporre l’agenda del suo partito al legislative, un passo verso un regime autoritario.
Il referendum è inequivocabilmente reazionario. Il Senato verrebbe trasformato in un organismo non eletto selezionato da funzionari regionali e privato del suo voto su molte questioni di governo; in particolare, della sua capacità di far cadere un primo ministro con un voto di sfiducia. L’"Italicum” darebbe un bonus a qualunque partito che vincesse il maggior numero di seggi alla Camera dei Deputati, attribuendogli automaticamente la maggioranza del 54 per cento. Così potrebbe essere nominato un primo ministro che governerebbe senza alcuna efficace opposizione da parte del potere legislativo.
Il referendum è sostenuto dall’Unione Europea, dalle banche e dal Partito Democratico di Renzi (PD). La settimana scorsa, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha detto a La Stampa: “Mi piacerebbe vedere vincere il‘ Sì’”, con la motivazione che Renzi stava implementando le “giuste riforme”.
Le intenzioni di queste entità erano già state delineate tre anni fa, molto prima che Renzi proponesse il referendum, in un’analisi finanziaria della JP Morgan che lamentava i “problemi politici profondamente radicati” dei governi dell’Europa meridionale, come quello istituito in Italia dopo la seconda guerra mondiale e la caduta del regime fascista di Benito Mussolini.
In quella nota si legge, “I sistemi politici nei paesi periferici dell’Europa sono stati istituiti a seguito della dittatura, e sono stati definiti da quell’esperienza... questi sistemi politici periferici mostrano alcune delle seguenti caratteristiche: dirigenti deboli, potere centrale debole rispetto ai poteri regionali, tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori, sistemi di costruzione del consenso che favoriscono il clientelismo politico e il diritto di protesta se vengono apportate modifiche sgradite allo status quo politico. Le manchevolezze di questa eredità politica sono state messe in luce dalla crisi”.
Non è difficile capire perché Renzi ha ora proposto questo referendum con il pieno sostegno della classe dirigente europea.
L’Europa è impantanata nella crisi economica e le banche italiane si trovano con centinaia di miliardi di crediti in sofferenza; dopo quasi un decennio di profonde misure di austerità il sistema politico è discreditato. Si sta preparando una gigantesca ondata di fallimenti di aziende e di tagli sociali che provocheranno una rabbia sociale esplosiva tra i lavoratori. Il referendum di Renzi ha lo scopo di permettere al PD di agire senza freni contro l’opposizione della classe lavoratrice alle richieste delle banche e dei grandi industriali.
L’opposizione del CIQI al referendum di Renzi non diminuisce la nostra inconciliabile opposizione ai gruppi di tutto lo spettro politico italiano che chiamano al “No” per motivazioni nazionaliste; questi includono la destra, come i resti di Forza Italia di Silvio Berlusconi, la Lega Nord e l’organizzazione fascista Fratelli d’Italia. Questi gruppi da parecchio tempo chiedono misure autoritarie, come quelle proposte da Renzi, ma il loro obiettivo è di vedere domani la sconfitta del PD e quindi la possibilità per loro stessi di riconquistare il potere.
Il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo ha profferito attacchi sempre più xenofobi e populisti contro l’Unione Europea, denominando Renzi una “scrofa ferita”. Tuttavia, lo stesso M5S si propone di negoziare un nuovo accordo con l’UE, basato sulla rinegoziazione dei trattati europei e su un referendum per l’uscita dell’Italia dalla zona euro.
Anche gran parte della periferia del PD chiede il “No"; sono inclusi: CGIL e FIOM, la Sinistra Italiana composta dai fuorusciti del PD, e gruppi come Rifondazione Comunista, che è la principale altra tendenza emersa, oltre al PD, dallo smantellamento del Partito Comunista italiano (PCI), dopo che la burocrazia sovietica restaurò il capitalismo nell’URSS nel 1991.
Questi gruppi, hanno lavorato a stretto contatto con il PD per decenni e, come nel caso di Rifondazione, sono entrati in governo con il PD nel 2006-2007 votando tagli alle pensioni e crediti per la guerra in Afghanistan; essi sostengono l’UE e non offrono alcun avanzamento ai lavoratori e ai giovani che cercano di opporsi alle politiche di Renzi e del capitale finanziario internazionale.
Si sono adattati al sistema di Stato capitalista, creato dopo la seconda guerra mondiale, con alla base il sostegno del PCI per la borghesia italiana e le potenze imperialiste alleate dopo la caduta di Mussolini. Dopo la seconda guerra mondiale lo stalinista PCI ha bloccato una rivoluzione sociale, tradendo le lotte della classe operaia nella Resistenza; e adesso, un partito emanato dal PCI, che ha sostenuto la restaurazione del capitalismo in URSS ed è gestito da funzionari di destra come Renzi, un ex democristiano, si propone di annientare ciò che resta delle conquistate sociali raggiunte in quel periodo.
Il compito più critico è quello di definire una prospettiva politicamente indipendente per la classe operaia sulle questioni sollevate dal referendum di Renzi.
Qualunque sia l’esito del voto, il referendum intensificherà la crisi convulsiva che sta inghiottendo le classi dominanti a livello internazionale, e che si è accelerata con l’ elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Un “sì” aprirebbe la strada per attacchi intensificati ai diritti sociali della classe lavoratrice. Renzi aveva segnalato che potrebbe dimettersi se il “No” vincesse, aprendo la possibilità dell’ascesa al potere di un governo anti-UE, incluso il M5S di Grillo.
Ciò che sta emergendo, in tutto il mondo, è il conflitto tra il sistema dello stato-nazione e l’economia mondiale, accompagnato al crescente sgretolamento delle istituzioni dell’ordine istituito nel secondo dopoguerra; in particolare in Europa, l’UE.
Dopo che la Gran Bretagna ha votato a giugno per lasciare l’UE, vi è una forte possibilità che un regime anti-UE potrebbe emergere in Italia, minacciando direttamente la disgregazione della UE e dell’euro.
Domani potrebbe avverarsi che in Austria, il candidato alla presidenza Norbert Hofer, del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ), diventi il primo capo di stato di estrema destra dell’Europa occidentale, ponendo le basi per un possibile cancellierato del leader del FPÖ, Heinz-Christian Strache.
Il CIQI si oppone al referendum dalla prospettiva di una mobilitazione politica indipendente della classe lavoratrice su scala europea e internazionale. In Italia I lavoratori ed i giovani che si oppongono al referendum di Renzi affrontano un nemico comune ai lavoratori in ogni paese europeo: una classe capitalista la cui agenda di profonda austerità, di militarismo e guerra sta avviandosi sempre più rapidamente alla dittatura.
Esiste una profonda ed esplosiva opposizione tra i lavoratori e i giovani, in Italia e in tutta Europa; tuttavia questa opposizione deve essere unificata e mobilitata in una lotta basata su una chiara prospettiva politica e storica. Rifondazione e i suoi alleati hanno dimostrato di essere partiti borghesi e un vicolo cieco per i lavoratori.
Il CIQI si propone come la nuova leadership politica che deve essere costruita, combattendo per vincere i lavoratori alla prospettiva secondo la quale, quando le classi dirigenti si volgono a forme dittatoriali di governo, l’unica risposta possibile per la classe lavoratrice è la lotta rivoluzionaria internazionale.
Di fronte al discredito del capitalismo europeo e allo sgretolamento delle sue istituzioni politiche, il CIQI propone la prospettiva del rovesciamento della UE e la sua sostituzione con gli Stati Uniti Socialisti d’Europa.