Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 9 novembre 2016
La vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti è un terremoto politico, che ha esposto, di fronte al mondo intero, la crisi terminale della democrazia americana.Tale è la degenerazione del dominio borghese da elevare un osceno ciarlatano e demagogo miliardario alla più alta carica del paese.
Qualunque siano le frasi concilianti che egli potrà emettere nei prossimi giorni, un presidente Trump sarà a capo di un governo di guerra di classe, sciovinismo nazionale, militarismo e violenza di uno stato di polizia. Oltre al ramo esecutivo, tutte le principali istituzioni politiche negli Stati Uniti, tra cui entrambe le camere del parlamento e la Corte Suprema, saranno nelle mani dell’estrema destra.
Sotto Trump l’America non diventerà “di nuovo grande"; verrà sprofondata in un fosso.
I commentatori dei media, nessuno dei quali aveva previsto questo risultato, ricorrono alle abituali spiegazioni, centrate sulle caratteristiche di voto dei vari gruppi nei quali si presume che la gente si identifichi, vuoi per razza o ideologia; tutti quanti hanno ignorato il fatto che l’elezione è diventata un referendum sulla devastante crisi sociale e il degrado negli Stati Uniti, che Trump è stato in grado di incanalare e dirigere verso destra.
Chi e che cosa è responsabile per la vittoria di Trump? In primo luogo, la campagna di Clinton e il Partito Democratico, che non erano disposti a, né erano in grado di, presentare un programma che potesse attrarre un qualsiasi significativo sostegno popolare.
Clinton ha intrapreso la sua campagna al livello più basso e più reazionario; ha combinato affermazioni che Trump era un agente di Putin (volta a creare un presupposto per l’aggressione contro la Russia), con denunce della classe operaia quale razzista e “privilegiata”.
In secondo luogo il retaggio dell’amministrazione Obama. Eletto otto anni fa per le sue promesse di “speranza” e “cambiamento”, Obama aveva conquistato una gran parte della classe lavoratrice, incluso i bianchi, che erano decisamente contrari all’ingiustizia sociale e alle politiche dell’amministrazione Bush in materia di interventi militari e repressione sociale.
Durante i due mandati del suo governo, Obama ha presieduto a guerre costanti, al trasferimento epocale di ricchezza alla classe dirigente e la costante erosione della qualità di vita della maggioranza della popolazione.
La piuma al cappello di Obama in materia di politica interna è stato il programma Affordable Care Act (legge sull’assicurazione medica obbligatoria conosciuta come Obamacare), che in realtà è un assalto alla sanità, confezionato come riforma. Nelle ultime settimane delle elezioni, milioni di lavoratori hanno scoperto che si trovavano ad affrontare aumenti, dal 10 percento in su, dei costi dell’ assistenza sanitaria. Questo è stato probabilmente di gran lunga più decisivo, per quanto riguarda l’esito delle elezioni, rispetto alle azioni del direttore dell’FBI James Comey nel rilanciare lo scandalo delle e-mail di Clinton.
Il terzo fattore sono stati i sindacati, che negli ultimi quarant’anni di crescente disuguaglianza sociale hanno lavorato sistematicamente alla soppressione della lotta di classe intrappolando i lavoratori e sottomettendoli al potere del Partito Democratico. I sindacati americani hanno anche assiduamente promosso una forma reazionaria di economia nazionalista, il che è in linea con la piattaforma politica di Trump.
In quarto luogo, il senatore Bernie Sanders del Vermont e le organizzazioni che lo hanno promosso. La codarda capitolazione di Sanders a Clinton—la logica conseguenza della sua strategia di incanalare l’opposizione all’interno Partito Democratico—ha reso certo che l’opposizione allo status quo fosse monopolizzata dalla destra politica. I più significativi spostamenti di voto in favore di Trump sono proprio avvenuti negli Stati in cui Sanders aveva sconfitto Clinton, con largo margine, alle primarie del Partito Democratico.
Dietro a tutto questo c’è stato il ruolo ideologico centrale giocato dalla “politica di identità” e lo sforzo sistematico di nascondere le vere divisioni sociali all’interno della società. La fissazione incessante ed ossessiva su razza e genere nel corso degli ultimi quattro decenni è stata utilizzata per dare al PD una copertura di sinistra per quella che è un’agenda politica di destra, in patria e all’estero. Allo stresso tempo, questa ideologia della “politica di identità” esprime gli interessi delle fasce più privilegiate della classe medio-alta.
Il concetto che le divisioni fondamentali della società siano lungo linee di razza e di genere non è solo reazionario politicamente, è fondamentalmente falso; i Democratici e Clinton sono stati presi nella loro stessa trappola; infatti non solo hanno perso in regioni prevalentemente povere e bianche, ma hanno anche sofferto di un calo della partecipazione al voto in regioni a maggioranza nera, perché lavoratori e giovani afro-americani non hanno visto alcun motivo per sostenere il candidato dello status quo.
Il prossimo periodo sarà di shock, di indignazione e di lotte sempre più aspre. Non ci vorrà molto per i lavoratori, compresi quelli che hanno votato per lui, a realizzare ciò che hanno in un Presidente Trump. Allo stesso tempo, le esplosive divisioni all’interno dell’apparato statale, espresse nell’ elezione, risulteranno in forme nuove e più violente.
Conclusioni definitive devono essere tratte da queste elezioni
Nella campagna elettorale del 2016, il Socialist Equality Party negli USA e i suoi candidati, Jerry White e Niles Niemuth, hanno messo in guardia i lavoratori sulle disastrose conseguenze della subordinazione della classe operaia al PD e della promozione della politica di identità. Abbiamo insistito che gli interessi della classe lavoratrice, nella lotta contro la guerra, la disuguaglianza sociale e la dittatura, potranno avanzare solo attraverso la lotta per l’unificazione dei lavoratori di tutte le razze, etnie e nazionalità in una lotta comune contro il sistema capitalista.
Questi avvertimenti sono stati confermati. Il compito immediato che si pone ora, dopo i risultati elettorali, è la necessità di costruire una leadership rivoluzionaria socialista, il Partito dell’Eguaglianza Socialista.