Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese l’8 agosto 2011 e in tedesco il 12 agosto 2011
Il governo italiano sta preparando ulteriori misure di austerità e tagli in risposta al crollo del mercato azionario di giovedì e per le esplicite richieste da parte degli investitori di tagli contro la classe lavoratrice. Come terza più grande economia dell’Unione europea, l’Italia è impantanata nel debito (attualmente al 120 per cento del PIL del paese), stagnazione economica, e alti livelli di povertà e disuguaglianza.
Giovedì scorso un sell-off a spirale ha causato panico nei mercati azionari di tutto il mondo (vedi in inglese: “Financial markets plunge on fears of renewed recession"). Il MIBTEL è stato particolarmente colpito con una perdita di 5, 16 per cento a chiusura di una settimana disastrosa per il mercato azionario italiano in cui ha perso il 15 per cento del suo valore. Il tasso di interesse che l’Italia paga sui suoi Buoni del Tesoro (BTP) ha raggiunto un nuovo massimo di oltre il sei per cento, superando il debito spagnolo e minacciando la bancarotta del paese.
Il crollo è avvenuto dopo un discorso tenuto dal primo ministro Silvio Berlusconi al termine della sessione di mercato mercoledì (una conscia decisione per evitare conseguenze immediate) davanti al Parlamento. Nel suo discorso, Berlusconi ha apprezzato la recente manovra di 79 miliardi e ha poi dipinto un quadro piuttosto roseo della situazione, dichiarando: “Il Paese è economicamente e finanziariamente solido, nei momenti difficili, sa essere coeso e affrontare le difficoltà”.
I mercati hanno reagito negativamente alle sue dichiarazioni, accusandolo di non aver attuato “un piano concreto per rilanciare l’economia”, come riportato da Il Sole 24 Ore. Gli investitori internazionali hanno criticato Berlusconi per essere stato incapace di elaborare misure di austerità sufficientemente dure da imporre il pieno impatto della crisi sulla classe lavoratrice.
Le pressioni da parte delle agenzie di rating hanno dettato i piani di austerity. Moody e Standard & Poor’s hanno minacciato un downgrade per l’incapacità dell’Italia a tagliare la spesa. S&P ha apertamente affermato che la recente manovra di 79 miliardi non è sufficiente: “Alla luce della debole crescita in Italia, è nostra opinione che servano riforme microeconomiche e macroeconomiche di gran lunga più sostanziali.”
L’intero establishment politico si è subito messo in moto per eseguire gli ordini delle banche. Un piano in sei punti, cinicamente definito “Patto per la crescita, ” è stato adottato in varie trattative con la “sinistra” borghese e le parti sociali. Da ratificare entro settembre, il piano comprende i seguenti punti:
Statuto del lavoro - Il documento presentato dalle parti sociali dichiara che ” Alla luce delle gravi difficoltà del paese le parti sociali proseguiranno l’impegno per modernizzare le relazioni sindacali’”. Ciò risulterà in un maggiore sfruttamento dei lavoratori, salari inferiori e l’abrogazione di diritti fondamentali come il diritto di sciopero, la contrattazione collettiva e il diritto di assemblea. Il contratto di Fiat Mirafiori servirà come modello di riferimento per questi attacchi.
Privatizzazioni - Il piano prevede per i governi locali di ” dismettere patrimoni immobiliari e società di servizi consentendo loro di utilizzarne i proventi per spese d’investimento superando gli attuali vincoli del Patto di Stabilità”. Ciò equivale ad una svendita del patrimonio pubblico al capitale internazionale.
Pareggio di bilancio - Un emendamento costituzionale lo renderebbe obbligatorio. Questa misura sarà utilizzata per far passare “necessari” tagli al fine di soddisfare il nuovo requisito costituzionale.
Semplificazione della Pubblica Amministrazione - Una riforma strutturale delle infrastrutture pubbliche “permetterà un recupero di produttività e consentirà di risolvere situazioni di crisi utilizzando strumenti analoghi a quelli del settore privato”. Queste sono semplicemente parole in codice che rappresentano perdite di posti di lavoro e ulteriori privatizzazioni dei beni dello Stato.
Gli investimenti - La proposta mira a utilizzare i fondi europei per iniziative private.
Costi della politica - Un piano è stato fatto per ridurre il numero dei seggi del Parlamento, di conformarsi agli standard europei ed eliminare alcune amministrazioni locali. Viene cinicamente presentato come un “sacrificio uguale a quello richiesto dei lavoratori.”
Berlusconi ha potuto contare sui sindacati e sulla “sinistra” sia prima che dopo questi colloqui. Durante il suo discorso parlamentare, Berlusconi ha menzionato specificamente il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, un ex-stalinista, per lodare “il suo appello alla coesione nazionale”, cioè per la campagna di Napolitano a sostenere le recenti misure di austerità.
Il giorno dopo, Berlusconi ha fatto una dichiarazione rivelatrice: “V’è stata una concordia che non ho mai notato negli incontri con le parti sociali negli ultimi 18 anni”. Il Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, allo stesso modo ha osservato: ” Si è aperta una nuova stagione nei rapporti con le parti sociali, che hanno condiviso con il governo la necessità di dare attuazione assieme a un percorso di crescita per il bene del Paese”.
I sindacati stanno sostenendo aggressivamente i tagli del governo Berlusconi. Hanno sottoscritto un patto di non-sciopero come parte del “Patto nazionale per l’occupazione” del 28 giugno, e ora stanno attivamente collaborando con il governo per preparare attacchi ai diritti sociali, compreso il codice del lavoro, l’assistenza sanitaria, le pensioni e l’istruzione.
I leader sindacali a stento trattengono il loro entusiasmo sul recente “Patto per la crescita”. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni lo ha elogiato come “un documento comune tra tutte le parti sociali che avevano già espresso il bisogno di dare una sferzata alle riforme”. Allo stesso modo, il leader della Uil Luigi Angeletti è rimasto ampiamente soddisfatto, facendo solo qualche blanda critica per la mancanza “di un segnale molto più consistente sul taglio dei costi della politica”.
Il ruolo di collaborazione di classe della CGIL, il sindacato ex-stalinista, è stato ancora una volta messo in mostra. Il segretario nazionale Susanna Camusso ha dichiarato che “le parti sociali hanno molti punti in comune sui temi della crisi economica”. Camusso forse ha rivelato più di quanto non volesse nel fare la seguente dichiarazione su Berlusconi “Mi pare che non abbia assolutamente colto l’urgenza della situazione e che si sia limitato a fare un’agenda sulla stessa agenda che abbiamo proposto noi”.
Vale a dire, la Cgil ha proposto all’ordine del giorno i 79 miliardi di tagli sulle spalle dei suoi iscritti e della classe lavoratrice. Ora sta criticando Berlusconi per non aver colto l’opportunità di andare oltre le concessioni proposte dalla Cgil, ed avanzare più attacchi alla classe lavoratrice.
I politici della “sinistra” hanno anch’essi sostenuto la manovra. Il leader del Partito Democratico Pier Luigi Bersani ha risposto al discorso di Berlusconi con apertura al dialogo e un attacco da destra. Ha preso una posizione pro-mercato lamentando la “mancanza di fiducia tra gli investitori nazionali e internazionali” per Berlusconi e la necessità di una “svolta politica”. Le banche, ha sottolineato, “sono in difficoltà perché le società sono in difficoltà”. Ha concluso concordando sul fatto che “c’è bisogno di un rigore doloroso”, ma che sia “intelligente ed equo”.
Bersani conta sul sostegno di tutta la “sinistra”. Nichi Vendola, leader di Sinistra Ecologia e Libertà e presidente della regione Puglia è il suo più stretto alleato. In un articolo intitolato “Non restiamo aggrappati a una barbara reliquia” ??Vendola propone che l’Italia risolva i suoi problemi economici vendendo le sue ricche riserve d’oro ma non fa menzione dei tagli sociali in corso.
Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, critica le parti sociali ma ci tiene a ribadire il suo sostegno alla CGIL impegnata nei negoziati. Il suo programma propone soluzioni neo-keynesiane e neo-liberali: regole di mercato, vendite di pbbligazioni alla Banca Centrale Europea (una sorta di salvataggio stile Grecia) e limitazioni sui contratti derivati. Questa agenda pro-mercato conferma l’incondizionata subordinazione ai dettami del capitale internazionale.